LA MANUTENZIONE ORDINARIA IN UNO STUDIO ODONTOIATRICO
Perché la manutenzione delle apparecchiature odontoiatriche riveste tanta e particolare importanza? Semplicemente perché un’adeguata manutenzione mantiene le apparecchiature efficienti ed in buono stato e riduce, di conseguenza, il mancato funzionamento delle stesse a causa di guasti. Guasti che, in qualche caso, arrivano addirittura a provocare il fermo accidentale dello studio. Inoltre, operando in un ambiente specifico quale è lo studio odontoiatrico, è necessario rammentarsi le finalità di utilizzo di tali apparecchiature che sono: la prevenzione e la cura delle affezioni dentarie in un ambiente igienico. Ecco perché all’atto della manutenzione corrisponde il ben più importante atto igienico, grazie al quale si evita il rischio di trasmettere infezioni crociate nella quotidiana cura dei pazienti.
In questo ambito, la figura dell’Assistente di studio odontoiatrico è andata sempre più specializzandosi a causa dei numerosi compiti che a lei fanno capo; infatti la stessa, oltre ad assistere l’odontoiatra alla poltrona, spesso riordina, pulisce e disinfetta l’area operativa, sino ad arrivare ad occuparsi della manutenzione dello strumentario rotante e delle apparecchiature in generale dello studio.
Qui ci occuperemo della manutenzione delle apparecchiature di studio, che dovrebbero essere già tutte rispondenti alle normative CEE MD 93/42 ovvero alla Medical Device, e che come tali dovebbrero già essere corredate dal certificato CE e pertanto devono essere manutenute secondo il libretto di istruzione e di manutenzione che deve dotare ogni macchina presente in studio. E’ dal 1989 che questo marchio garantisce i terzi sull’utilizzo dell’apparecchiatura che, per esser messa in commercio prima ed in uso nello studio odontoiatrico poi, deve esser prodotta in conformità a delle norme ben precise, identiche in tutti i paesi CEE. Inutile precisare che, mentre l’apparecchiatura nuova DEVE essere rispondente a queste norme all’atto dell’acquisto e della messa in funzione, la stessa NON MANTIENE in eterno la rispondenza alle norme in base alle quali è stata prodotta, perché per continuare ad essere tale, DEVE essere utilizzata in modo corretto e conservata a norma, grazie alla manutenzione ordinaria eseguita in studio, per poi esser comunque annualmente mantenuta solo da un tecnico abilitato dalla casa produttrice che DEVE utilizzare esclusivamente pezzi di ricambio originali, nell’eventualità che qualche pezzo debba esser sostituito.
IL RIUNITO. Il riunito non è più l’elemento che riveste una centralità esasperata in un’unità operativa, soprattutto dopo la comparsa di tutta una serie di attrezzature HI TECH esterne alla poltrona che ne fanno da corollario, ma è e rimane l’ elemento indispensabile per lo studio, visto che è qui che facciamo accomodare il paziente per la prestazione delle cure a Lui rivolte. Il riunito, fondamentalmente, è costituito da cinque componenti: la poltrona, la lampada ergoramica,la tavoletta operatore, il gruppo idrico ed il reostato a pedale.
La poltrona, oggi quasi sempre elettromeccanica, non ha bisogno di una particolare manutenzione, eccezion fatta per un trattamento settimanale dello skay con prodotti neutri, quando addirittura non vengano utilizzati i prodotti all’uopo consigliati dal produttore. Questo perchè lo skay soffre il trattamento che l’assistente effettua costantenemente con i più svariati prodotti disinfettanti tra un paziente e l’altro, e reagisce con un invecchiamento precoce, evidenziato da tagli e fessure sui punti critici dello chassis. Stesso trattamento deve esser riservato ai seggiolini, sia operatore che assistente. Per quanto non si tratti di un atto manutentivo, è bene che l’assistente conosca i dispositivi di sicurezza della poltrona, oggi obbligatori per la famosa MD 93/42, che ne bloccano i movimenti se gli stessi si inseriscono in modo accidentale.
La lampada ergoramica. Sostituire il DPI (Dispositivii Protezione Individuale),evitando di ostruire la ventola di raffreddamento soprattutto ora che le lampade, per essere a norma, devono essere chiuse ed autoventilate. Una volta alla settimana pulire, a lampada spenta e completamente fredda, lo schermo protettivo e la parabola NON a mani nude,con liquido non aggressivo ed asciugare con panno antigraffio. E’ buona cosa avere sempre una lampadina di scorta e conoscerne le modalità per la sostituzione.
Il gruppo idrico è composto da bacinella con relativa fontanella, oltre alla fontanella per l’acqua al bicchiere per il paziente, due cannule per l’aspiratore (una grande ed una piccola) e l’eventuale siringa per l’assistente, mentre dovrebbe esser quasi sparito, per legge, l’aspirasaliva. Questa parte molto importante del riunito, richiede una particolare attenzione per la disifenzione ed un’assidua manutenzione; anche qui è bene che l’assistente conosca i dispositivi di sicurezza del gruppo idrico, oggi obbligatori per la famosa MD 93/42 che bloccano i movimenti della poltrona, se gli stessi si inseriscono in modo accidentale. Sui gruppi idrici dei nuovi riuniti sono stati eliminati tutti i sottosquadri per una più agevole disinfezione, le fontanelle per l’acqua al bicchiere e per l’acqua alla bacinella sono spesso amovibili e la stessa bacinella in ceramica è oramai quasi sempre asportabile per essere “termoclavata” (“termoclavata” non significa “autoclavata”. I termini sono diversi e le operazioni sono ovviamente differenti, se si vogliono evitare rotture e danni. Tra un paziente e l’altro è indispensabile trattare con liquido disinfettante tutto il lato relativo alla tavoletta assistente, pulire e disinfettare la bacinella, sostituendo (ove possibile) il terminale portacannule. Sui riuniti sui quali non esiste ancora un sistema di lavaggio interno delle cannule e della valvola selettiva, sarebbe ottima cosa anche “far bere” al riunito un semplice bicchiere d’acqua dalle cannule per evitare che il sangue coauguli all’interno dei tubi, ma e soprattutto per evitare che l’ ipoclorito (quando e se usato in endo o in chirurgia) si depositi sulla membrana della valvola parzializzatrice, che diversamente si cristallizza e blocca l’aspirazione sul singolo riunito. Se questi sono gli effetti dell’ipoclorito su una membrana, figuriamoci cosa succede nelle anse dei tubi: prima si sclerotizzano, poi si sfogliano internamente aspirando in modo non più adeguato ed infine si “bucano” proprio nelle anse. Diversa è la manutenzione serale che l’assistente di studio DEVE effettuare e che richiede il lavaggio e la disinfezione delle cannule e dei portacannule con prodotti disinfettanti, fungicidi, algicidi, etc.etc. . Sui prodotti è bene utilizzare sia i prodotti consigliati dalle case produttrici degli impianti AVA (aspirazione ad alta velocità) in uso nello studio, che i supporti (appositi contenitori nei quali appoggiare le cannule per far aspirare il liquido miscelato alla giusta quantità di aria necessaria). Da quanto sopra ne discende che non è importante usare una maggiore quantità di prodotto per ottenere una pulizia più accurata, quanto è importante COME si esegue la pulizia dei tubi cannula e di conseguenza dell’impianto di aspirazione. Una volta che il liquido disinfettante ha agito in base allo spettro d’azione indicato sulla confezione e sempre e solo muniti di guanti, provvedere alla pulizia dei filtri. Questi filtri, che a volte si trovano in posizione orizzontale e scomoda sotto la bacinella, provocano perdita di liquido pontenzialmente infetto sul pavimento, quando vengono estratti per la pulizia. Per evitare che ciò accada è sufficiente estrarre il filtro avendo l’aspirazione funzionante e la cannula grande aperta. A quel punto è facile estrarre il filtro e svuotare il contenuto nel contenitore dei rifiuti speciali. Si dovrà quindi Lavare il filtro, controllare che sia integro per poi rimontarlo. Nel caso di aspirazione ad anello d’aria, prima di rimontare il filtro sotto la tavoletta lato assistente, inserire anche l’antischiumogeno, soprattutto se si hanno momentanei blocchi dell”aspirazione in fase di intervento chirurgico. Mi auguro che nessuno più debba manutenere impianti di aspirazione monostudio ad aria con il fatidico vaso (di pandora) che deve essere smontato almeno una volta alla settimana, previa disinfezione e con DPI in atto, per essere lavato con particolare attenzione alla valvola di chiusura ed alla terna sonde, eventualmente presente. Se il riunito fosse dotato di impianto di disifenzione per evitare la formazione di biofilm all’interno dei tubi fluidici e la conseguente proliferazione batterica, non serve una manutenzione ordinaria specifica, salvo accertarsi che ci sia il liquido disinfettante all’interno del serbatoio di carico.
La Tavoletta Operatore (o faretra che dir si voglia) è composta da diversi strumenti, spesso riconducibili a quattro, ovvero: siringa, modulo ad aria per la turbina, modulo micromotore con il relativo contrangolo e modulo detartarizzatore. Una volta tolto il tray coi residui del paziente precedente dalla tavoletta portatray, staccato lo strumentario rotante (della cui maniutenzione ordinaria ne parleremo nel capoverso successivo), passeremo un panno con disinfettante per la disinfezione della faretra, per riproteggere (se previsto dallo studio) la tavoletta con un film per la DPI (dispositivo per la protezione individuale). La siringa, che può essere a tre funzioni (aria, acqua e spray freddi) o a 6 funzioni (quando le stesse funzioni fredde di prima sono disponibili anche a caldo) è sempre più spesso costituita da un guscio sfilabile ed autoclavabile, oltre a disporre – come minimo – di un beccuccio (parte terminale) orientabile, intercambiabile monouso e/o autoclavabile. Non dobbiamo però dimenticare che almeno quotidianamente dovremmo controllare i fori dei condotti di acqua e aria del beccuccio che non devono essere ostruiti, per disotturarli con un apposito specillo per passare invece ad un controllo settimanale delle guarnizioni sul corpo della siringa (quelle dove si innesta il beccuccio), verificando che facciano tenuta e, per mantenerle elastiche, umettarle alla bisogna con un grasso al silicone. Il terminale ad aria (quello sul quale si monta la turbina)è oramai quasi sempre a 4 vie elettrificato ed è spesso dotato di un attacco rapido (con o senza fibre ottiche o illuminazione a led) che è normalmente adatto al ricevimento di una sola turbina costruita per quel tipo di attacco rapido. Intanto bisogna ben conoscere questi tipi di attacchi e la loro compatibilità con i relativi strumenti rotanti, poi bisognerebbe verificare settimanalmente che le guarnizioni poste sull’attacco non siano lasche e/o siano tutte alloggiate nelle adeguate sedi. Nel caso tali guarnizioni non facciano più tenuta (cosa che farebbe fuoriuscire acqua tra l’attacco rapido e la turbina, piuttosto che sotto la faretra in un apposito raccoglitore che se non svuotato, una volta riempitosi, gocciola addosso al paziente): sostituirle, facendole scivolare in avanti sull’attacco rapido. Per il resto, questi attacchi, non hanno bisogno di altra manutenzione ordinaria, fatto salvo che devono essere ben avvitati sul cordone ad aria e che per sostituitre la lampadina a Fibre ottiche, basta svitare il terminale dell’attacco e cambiare la lampadina. Il micromotore oggi funziona normalmente a 40.000 giri, è dotato di fibra ottica/led e può essere fondamentalmente, elettrico o ad induzione. In entrambi i casi NON necessita manutenzione alcuna (salvo il controllo visivo delle guarnizioni sul codolo che accoglie il contrangolo) e NON si deve mai smontarli dal cordone, se non per affidarli ad un tecnico per una eventuale riparazione. Un argomento a parte lo merita il micromotore ad aria (che non si innesta su un cordone elettrico, bensì viene alimentato da un classico cordone ad aria a 4 vie come nel caso delle turbine), anche se è sempre meno diffuso sugli attuali riuniti. Questo micromotore, infatti NECESSITA di lubrificazione ALMENO DUE VOLTE ALLA SETTIMANA. I micromotori AD ARIA e AD INDUZIONE reggono anche l’autoclavatura (SOLO quando recano stampigliato sul corpo il classico logo dell’autoclavatura), autoclavatura da effettuarsi con le attenzioni del caso e seguendo le istruzioni riportate sul libretto di istruzioni e manutenzione del produttore. Il terminale per l’ablatore, spesso presente come optional in tavoletta operatore, NON necessita di manutenzione alcuna, manipolo a parte del quale tra poco ce ne occuperemo con la strumentazione rotante.
Lo Strumentario Rotante. La manutenzione dello strumentario rotante è cosa di per sè abbastanza semplice, da effettuarsi con pochi passaggi: pulizia esterna del corpo, smontaggio (nel caso di manipoli chirurgici che vanno accuratamente lavati con acqua distillata per togliere ogni residuo di fisiologica), controllo dei fori dei condotti di acqua e aria per verificare che non siano ostruiti (ed eventualmente disotturarli con l’apposito specillo fornito in dotazione con il manipolo), quindi lubrificazione, imbustatura ed autoclavatura. Questa operazione DEVE esser fatta costantemente tra un paziente e l’altro ed è chiaro che se lo studio si avvale di un sistema meccanizzato l’operazione viene effettuata in modo decisamente più agevole per l’assistente che, diversamente, deve procedere con il sistema manuale con le classiche bombolette spray (quasi tutte con propellente ecologico) che i vari produttori di manipoli hanno provveduto a commercializzare, ognuno con un tipo di beccuccio adatto al proprio tipo di turbina (soprattutto) o di contrangolo. Questo del beccuccio è un dettaglio da non sottovalure, perchè un lubrificante corretto ed un processo di lubrificazione fondamentalmente corretto potrebbero essere compromessi da un becuccio non adatto a quel manipolo. QUESTA E’ UNA DELLE PRINCIPALI CAUSE DI GUASTO di una turbina o di un contrangolo, assimilabile quasi ad un guasto per totale assenza di lubrificazione. E’ necessario fare quindi attenzione a questo piccolo particolare anche se oggi, per ovviare a questo tipo di conveniente, è stato messo in commercio un cappuccio universale per bombolette spray con diversi tipi di attacchi per manipoli diversi. Altro particolare spesso sottovalutato ed a cui prestare attenzione è la posizione della bomboletta di lubrificante che, dopo esser stata agitata prima dell’utilizzo, deve esser mantenuta in posizione perfettamente verticale (e non obbliqua come spesso avviene) per favorire l’uscita del propellente, del detergente e del lubrificante perfettamente miscelati. Perchè i manipoli si rompono (o “grippano”)? Perchè, senza l’ottimale quantità di olio, le parti in movimento all’interno del manipolo subiscono notevoli attriti che, con il conseguente surriscaldamento, provocano delle microvariazioni metallografiche che minano la vita del manipolo stesso. Dopo la lubrificazione i manipoli, MA SEMPRE E SOLO DOPO LA LUBRIFICAZIONE, i manipoli vanno imbustati ed autoclavati, mentre dopo l’autoclavatura NON E’ NECESSARIO lubrificare nuovamente i manipoli autoclavati (cosa ovvia), salvo precisazione diversa del produttore. Quando i manipoli non venivano autoclavati, dopo la lubrificazione, venivano posti a riposo su un banco in sterilizzazione in posizione verticale con la testa rivolta verso l’alto, per far defluire lubrificante sporco ed impurità dalla culatta senza “contaminare” rotore, ingranaggi e vie fluidiche. Non rimane ora che occuparci del manipolo per il detartraggio. Tutti gli ablatori necessitano sempre dell’apporto di acqua sia per la cavitazione che (a volte) per il raffreddamento del manipolo stesso e sono composti da due pezzi principali: il manipolo e gli inserti. Una volta tolto l’inserto con l’apposita chiave si deve controllare che la via di passaggio dei fluidi sia pervia, per mantenerla tale, se il caso, con l’apposito specillo in dotazione. Una nota particolare la merita la chiave che si usa per serrare l’inserto e che impropriamente si chiama “chiave per serrare gli inserti” perchè gli inserti non devono mai esser serrati con forza, per evitare che l’inserto si “saldi” sul manipolo, provocando la rottura del manipolo stesso. La situazione è decisamente migliorata con l’avvento delle nuove chiavi “serrapunte” torsiomentriche che non avvitano l’inserto oltre il limite, evitando il guasto sopra dichiarato. I detartarizzatori possono essere di due tipi: pneumatico, nel qual caso deve essere trattato e manutenuto esattamente come già ci siamo detti per la turbina, piuttosto che piezoelettrico che non deve esser lubrificato, ma che dopo un controllo visivo delle guarnizioni in culatta, può essere semplicemente imbustato ed autoclavato. E siamo agli apparecchi per la profislassi a getto di bicarbonato. Quando diciamo bicarbonato, parliamo di un prodotto igroscopico che teme l’umidità e che si inumidisce aumenta di granulometria e blocco il funzionamento dell’apparecchio. E’ quindi assolutamente VIETATO conservare le polveri per un apparecchio per la profilassi in frigorifero, esattamente come è vietato lasciare nel manipolo il bicarbonato, una volta terminato il trattamento sul paziente. Si smonta l’ugello dal corpo manipolo e lo si disottura, se seguono le istruzioni del produttore e, se previsto dal costruttore, lo si imbusta e lo si autoclava senza lubrificazioni di sorta.
IL REOSTATO A PEDALE. Pulizia a parte, bisognerebbe solo controllare che il cordone di collegamento del rostato al riunito sia sempre integro o che nel caso di reostato a pedale wireless lo stesso sia posto sotto carica come previsto dalla casa costruttrice. In passato, quando ancora non tutti i riuniti avevano una sicurezza in pedana, non era così infrequente vedere reostati a pedale schiacciati sotto il trapezio della poltrona, perchè lì dimenticati al termine della pulizia dello studio. Oggi è sempre più raro, ma diffiderei dal persistere di alloggiare i reostati in questa posizione, durante la pulizia dello studio. Per il resto è l’odontoiatra che ne ha cura perchè lo manovra e lo comanda con i piedi, anche se come diceva un mio tecnico, il reostato non va …trattato con i piedi
I Mobiletti, che possono esser fissi o su ruote (servomobili), sono dotati di antine o cassetti in cui vengono riposti sia lo strumentario che il materiale di consumo dello studio. Normalmente sono raccordati sotto un unico piano, spesso in laminato ma che potrebbe an che essere in coriam o in cristallo se non in acciaio inox, come spesso si vede nelle linee di sterilizzazione. Questo piano, che dovrebbe esser mantenuto il più libero possibile, dovrebbe essere disinfettato con un panno tra un paziente e l’altro. Ovviamente se il piano in laminato venisse trattato con ipoclorito, DEVE poi esser necessariamente risciacquato con acqua, per evitare la formazione di antiestetiche macchie a forma di leopardo. I mobiletti non richiedono manutenzione alcuna, se non la pulizia ed il riodino costante.
LA SALA MACCHINE è fondamentalmente composta da due macchine, spesso relegate in angoli angusti dello studio quando non sul balcone o in cantina. Queste due macchine sono: il compressore (ovvero il cuore dello studio) e l’impianto centralizzato di aspirazione ad alta velocità (ovvero il fegato dello studio). Sono due macchine che oltre che essere relegate in un angolo angusto e scomodo dello studio, sono spesso poco controllate dal personale ausiliario, ma che sono FONDAMENTALI per il funzionamento dello studio e che, quando si fermano per un guasto accidentale, provocano spesso il fermo totale dello studio. Queste due macchine, se sono macchine di ultima generazione, NON hanno bisogno di grande manutenzione ordinaria da parte dell’assistente, se non la pulizia “ALMENO” SETTIMANALE DEL FILTRO POSTO SULL’IMPIANTO CENTRALIZZATO DI ASPIRAZIONE, ovviamente sempre e solo una volta che il liquido disinfettante abbia agito in base allo spettro d’azione indicato sulla confezione e sempre e solo muniti di guanti e DPI. Hanno però bisogno di essere controllate, almeno una volta all’anno dal tecnico di fiducia dello studio, che effettua sul compressore la sostituzione del filtro cilindro testata, controlla la funzionalità dell’essiccatore e lo stato di salute del condensatore, operando i controlli del caso sul motore aspirante e sulla relativa centralina, così come da indicazioni del costruttore. In questa occasione, per gli impianti AVA dotati di cetrifugatore/recuperatore centralizzato per l’amalgama, far verificare al tecnico il raggiungimento visivo del livello per farlo eventualmente sostituire e per inoltrarlo allo smantimento con l’azienda che per lo studio si occupa dello smaltimento di questo rifuto speciale. Nel caso di aspiratori ad anello liquido a volte, ed esclusivamente per la mancanza di acqua di carico, l’aspirazione si blocchi e si illumini una spia vicino al tasto di ripristino che deve essere ripristinato per far tornare l’impianto a funzionare.Torniamo ora e per un attimo sul compressore, nel caso in cui disponessimo di un compressore aesente da olio,ma non dotato di essiccatore per rammentare che, almeno una volta alla settimana (soprattutto nelle giornate molto umide), si dovrebbe aprire il riubinetto di scarico del serbatoio per far defluire la condensa (acqua), evitando che la stessa arrivi al riunito alterando le membrane. Il rischio, una volta alterate le membrane, è che l’operatore richiami aria dalla siringa che, anzichè uscire perfettamente esente da olio ed asciutta, sia mista ad acqua e comprometta così le operazioni di restauro in conservativa. (Spesso la causa non sono gli incolpevoli compositi, ingiustamente messi invece alla gogna nello studio). Inutile dire che non credo che esistano ancora in uso negli studi in lombardia, compressori lubrificati ad olio, dei quali qui ovviamente ci dimentichiamo.
LA SALA STERILIZZAZIONE è il regno dell’assistente dove si deve operare esclusivamente con l’uso delle Protezioni individuali (appositi guanti di spessore ben diverso da quello utilizzato per i guanti da studio, grembiule, mascherina ed occhiali di protezione). Questo spazio non dovrebbe mai essere un angolo ricavato in un angusto spazio nello studio, ma dovrebbe evidentemente essere uno spazio adeguato ai lavori di pulizia, disinfezione, sterilizzazione e stoccaggio degli strumenti, con spazi divisi tra lo “sporco” ed il “pulito”. Non solo, è la linea di sterilizzazione a dettare la velocità di lavoro per gli studi operativi, creando o meno pericolosi “colli di bottiglia” quando la stessa è inadeguata e sottodimensionata. Nella sala di sterilizzazione si trovano innumerovoli macchine che vanno dalla vasca ad ultrasuoni, alla lavastrumenti, ai sistemi per il trattamento degli strumenti rotanti, alla sigillatrice ed ad alla/e autoclave/i. Per ultimo, sempre nella linea di sterilizzazione, viene spesso stipato anche il frigorifero per lo studio, che non necessita di altra manutenzione se non quella classica che richiede un frigorifero, facendo qui attenzione ai materiale che vengono qui stipati. Occupiamoci ora delle varie macchine sopra descritte.
La Vasca ad ultrasuoni. Sono di dimensioni diverse e sono normalmente costruite in acciaio. Possono disporre di carico e scarico diretto, piuttosto esserne sprovviste la qual cosa richiede maggior attenzione nelle operazioni di carico/scarico dei liquidi, per evitare di bruciare la scheda elettronica della macchina, se in questa fase venisse bagnata con acqua e/o coi liquidi. Le vasche ad ultrasuoni sono quasi sempre dotate di un cestello che deve essere immerso nel liquido, o di coperchi forati con bicchieri. BENE! La vasca ad ultrasuoni NON DEVE MAI funzionare senza liquidi e gli strumenti NON DEVONO MAI ESSERE direttamente appoggiati sul fondo o ai lati della vasca. Questi sono i due principali fattori di rischio per il fermo macchina. La vasca ad ultrasuoni viene azionata da un timer e spesso dispone di un termostato per regolare la temperatura dei liquidi che devono essere azionati manualmente. I liquidi vanno tenuti monitorati e sostituiti in base al carico di lavoro eseguito,così come riportato sulle istruzioni dei liquidi. Se la vasca ad ultrasuoni non dovesse disporre di una fase di risciaquo e di asciugatura i ferri devono essere tolti dalla macchina, risciacquati prima ed asciugati poi per passare alla fase successiva di imbustamento. L’interno della vasca deve esser settimanalmente pulito con i liquidi consigliati dalla casa produttrice o comunque con liquidi NON aggressivi e con un panno morbido.
La Lavastrumenti o il Termodisinfettore. Sono macchine esternamente assimilabili ad una lavastoviglie, ma con funzioni ed accessori diversi per la dimensione degli strumenti da trattare. Fondamentalmente, accellerano il processo di lavaggio degli strumenti, lo fanno con una temperatura dell’acqua, spesso non sopportabile dalle nostre mani e lavorano anche nei nostri momenti di pausa. Il termodisinfettore è e rimane diverso dalla lavastrumenti e la differenza è contenuta nel sostantivo che le identifica e le contraddistingue. Queste macchine, aldilà di marca e modello, non hanno bisogno di una particolare manutenzione se non quella classica riservata alla lavastoviglie, seguendo ovviamente il manuale di istruzioni e di manutenzione che dota la macchina.
La termosigillatrice. Serve per sigillare le buste ed i rotoli nei quali vengono inseriti gli strumenti prima che il tutto passi in autoclave. Le saldature devono essere di 10 mm per garantire la sterilità per 30 giorni. La doppia busta permette, sempre con una saldatura di 10 mm, di garantire la sterilità per 60 giorni. Sulla superficie della busta/sacchetto è bene quindi apporre la data di autoclavatura vicino a dove Vi sono degli indicatori che virano in funzione della temperatura raggiunta; questo indicatore permette così di riconoscere velocemente se quella busta/sacchetto sia stata già autoclavata o meno e per avere una indicazione sul funzionamento dell’autoclave (test che, però, da solo non è sufficiente per i controlli del funzionamento o meno dell’autoclave, come in seguito vedremo). Le nuove termosigillatrici, che possono essere a barra o a nastro continuo, hanno barre saldanti ceramizzate che, in pratica, non necessitano di manutenzione rispetto alle precedenti barre saldanti lamellari ricoperte da un nastro che si bruciacchiava dopo un certo numero di saldature e doveva essere sostituito. La grossa differenza tra i due sistemi saldanti (la barra saldante lamellare e la barra saldante ceramizzata) è che nella prima versione, nel caso in cui la punta di uno specillo fosse inavvertitamente finito tra le barre saldanti in fase di sigillatura, si sarebbe procurato “un pizzicotto” sulla lamella che a lungo andare e con il ripetersi del difetto operativo avrebbe comportato il rischio di guasto della termosigillatrice; oggi invece com le termosigillatrici a barre saldanti ceramizzate, non si guastano le barre, ma “saltano” le punte degli specilli. SI consiglia, comunque, (facendo attenzione a non tagliarsi con la lama che serve per tagliare i rotoli) di controllare la superficie della barre saldanti che, tra l’elevata temperatura di esercizio e le numerose operazioni, possono sporcarsi con residui dei fogli di saldatura e che devono essere asportati per evitare saldature NON uniformi. Per eliminare i residui è sufficiente passare la barra di saldatura con un batufolo di cotone o con un tovagliolino di carta imbevuto di alcool. Un riguardo apprezzato dalla termosigillatrice con le barre saldanti lamellari ricoperte da nastri teflonati di protezione, se dotate di regolatore di temperatura, è quello di ridurre la temperatura con l’aumentare del numero delle sigillature effettuate, riducendo così l’entità dei depositi.
L’AUTOCLAVE. Non ci possono essere discussioni di sorta in materie: ALMENO UNA delle autoclavi presenti in uno studio odontoiatrico DEVE essere in classe B. Durante il corso vedremo le differenze tra le tre diverse classi: B – S – N che, ai fini manutentevi, non hanno grosse differenze. Le autoclavi possono essere a carico/scarico diretto, piuttosto che essere in versione “stand alone” e disporre di due serbatoi (uno per il carico ed uno per lo scarico) che devono essere riempiti e svuotati manualmente. Siccome le autoclavi di ultima generazione leggono la qualità dell’acqua, soprattutto ai fini della conducibilità elettrica, e siccome le autoclavi in classe B consumano importanti quantità d’acqua, nello studio sono sempre più spesso presenti dei sistemi per il trattamento dell’acqua che necessitano, fondamentalmente, della sola sostituzione del filtro o dei sali, quando esausti. Ma torniamo alle autoclavi che, a mio avviso, dovrebbero esser fatte manutenere da un tecnico ai tre passaggi cruciali: 800/1000 cicli (in funzione del tipo e della marca di autoclave), 1600/2000 cicli, e 2400/3000 cicli per poi continuare ad utilizzare ancora per un altro migliaio di cicli circa, ovvero sino a quando la macchina segnala qualche malfunzionamento. A quel punto NON conviene ulteriormente far eseguire un altro ciclo manutentivo, perchè i costi dei pezzi di ricambio (soprattutto la sostituzione della pompa per il vuoto) e dell’intervento stesso sarebbero superiori al 50% del costo a nuovo dell’autoclave, che sarebbe quindi meglio sostituire, per evitarsi brutte sorprese o malaugurati fermi macchina che sono deleteri quando in studio esiste una sola autoclave. Ovviamente questo è un semplice consiglio ed ogni studio è libero di decidere in totale libertà ed autonomia, ma efficienza e risparmio sono oggi caratteristiche tipicamente gestionali che hanno assunto notevole importanza all’interno dello studio odontoiatrico in un momento di magmaticità del mercato. E’ chiaro che un corretto ciclo di sterilizzazione e la perfetta efficienza dell’autoclave sono strettamente collegati anche alle operazioni di carico dell’autoclave; infatti prima di avviare un ciclo di sterilizzazione, è necessario: pulire accuratamente lo strumentario, risciacquare abbondantemente gli strumenti che sono stati immersi in soluzioni disinfettanti, asciugare tutti gli strumenti, imbustarli e metterli in autoclave senza ammassarli, mettendo in camera anche le striscette per il controllo del ciclo (sono striscette che reagiscono sotto la pressione, la temperatura raggiunta in fase di autoclavatura ed il tempo di mantenimento della temperatura necessaria per garantire un ciclo di sterilizzazione efficace). Queste striscette sarebbe meglio datarle e conservarle nel libro sui cicli di autoclavature avvenute, per sè stessi e per i controlli del caso da parte degli organi competenti. Unitamente a questa forma di controllo è bene che l’assistente di uno studio, ogni mattina (non costa nulla e non comporta particolari perdite di tempo) faccia effettuare un Vacuum test alla propria autoclave in classe B. Non esistono normative identiche in tutta Italia sulla periodocità dei test da effettuare sulle autoclavi, pertanto ci riferiremo ai termini stabiliti in Regione Lombardia, anche se gli stessi sono i più restrittivi in Italia, chiedendo ALMENO UNA VOLTA OGNI TRENTA GIORNI: il Bowie & Dick Test, l’Helix Test ed il controllo delle spore. Gli esiti di tutti questi test devono esser conservati nel registro per la traccibilità delle autoclavature avvenute nello studio. Quindi parlare ora di manutenzione ordinaria per l’autoclave sembra un sollievo: ovvero controllare e sostituire ogni 200 cicli il biofiltro, controllare lo stato di usura della guarnizione (che non deve presentare tagli, lacerazioni, abrasioni o altri inconvenienti che possano comprometterne l’efficienza, Eventuale sporco sulla superficie di tenuta va tolto con cotone imbevuto di alcool a camera fredda) ed effettuare la pulizia della camera con un panno morbido e SOLO ed esclusivamente con prodotti eventualmente cosigliati dal produttore. Nel caso di autoclavi “stand alone” è consigliabile la pulizia del serbatoio di carico e di scarico dell’acqua.
La sala di sviluppo per le radiografie endorali e panoramiche . Nonostante la recente impennata di vendite di sistemi endorali e panoramici digitali, che non necessitano di particolare manutenzione, esistono ancora tanti studi che dispongono di un sistema di sviluppo manuale piuttosto che con sviluppatrici automatiche di lastrine endorali e/o di lastre panoramiche analogiche. Per questi studi esiste anche la necessità di preparare almeno settimanalmente i liquidi oltre che la necessità di manutenere le vasche dei liquidi di sviluppo, fissaggio e di lavaggio finale. Per le sviluppatrici automatiche è importante che al mattino l’assistente di studio, prima che si inizi con la fase di sviluppo, inserisca una pellicola apposita che ha la proprietà di pulire i rulli di trascinamento. Questi rulli, settimanalmente e ad ogni cambio di liquidi, devono essere lavati (così come le vasche) con acqua e, dove necessario, con gli appositi prodotti. In fase di riempimento delle vasche fare attenzione che, nemmeno per sbaglio, possa cadere goccia alcuna di liquido di fissaggio nella vasca del liquido di sviluppo, perchè ne comprometterebbe la funzionalità e si dovrebbe procedere nuovamente con tutto sin dall’inizio.
Le fonti di energia dello studio. Per il funzionamento delle apparecchiature installate in uno studio, abbiamo visto che occorron tre fonti di energia: acqua, energia elettrica ed aria compressa. Prima di concludere l’argomento manutenzione ordinaria dedichiamo due sole parole alle due principali fonti di energia, sin ad ora qui ignorate. L’impianto idrico, che andrebbe chiuso anche ogni sera al termine del lavoro, onde evitare malaugurati allagamenti che possono essere causati da una semplice ed accidentale rottura dei tubi di collegamento idrico al riunito, piuttosto che da tubi posti all’interno del riunito. Di sicuro questo tipo di impianto andrebbe chiuso prima di ogni chiusura più o meno prolungata dello studio. E, dulcis in fundo, l’impianto elettrico. E’ evidente che oramai in tutti gli studi odontoiatrici tutti gli impianti elettrici rispondono a delle precise norme e sono quindi dotati di interruttori differenziali e di impianto con anello equipotenziale per la messa a terra. E’ compito dell’assistente segnalare all’odontoiatra eventuali anomalie riscontrate su prese e/o spine, affinchè le stesse vengano fatte riparare, senza che ci siano conseguenze negative per nessuno. Esattamente come è compito dell’assistente far scattare una volta ogni sei mesi almeno, l’interuttore del differenziale (salvavita) presente in studio per ripristinarlo ed annotarlo sul libro degli impianti elettrici.
- DENTISTI IN CALO IN ALCUNI PAESI EUROPEI
- LA VALUTAZIONE DI UNO STUDIO ODONTOIATRICO